
Si è conclusa domenica 30 luglio, con una camminata tra i gessi della Valle del Secchia, la prima edizione della Summer School “Sostenibilità e paesaggio”, organizzata dall’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano nell’ambito della Strategia Nazionale Aree Interne “La Montagna del latte”. Dal 26 al 29 luglio in forma itinerante tra i Comuni di Castelnovo ne Monti e Villa Minozzo, dottorandi di ricerca, docenti, architetti e studenti magistrali, provenienti da tutta Italia, coordinati da docenti universitari, hanno dato vita ad un importante momento di confronto di alto livello scientifico, culturale, e pluridisciplinare, sui temi della sostenibilità e del paesaggio che, già presenti nella prima programmazione, saranno argomenti guida per le azioni contenute nel progetto Green Community e per la prossima Strategia.
Diversi luoghi, dal forte contenuto simbolico ed identitario per le comunità locali, hanno ospitato questo evento: l’Eremo di Bismantova, l’Oratorio della Pieve ed il teatro Bismantova per Castelnovo né Monti e il polo scolastico pluriclasse di Minozzo (le piccole scuole di montagna) per il Comune di Villa Minozzo. Attraverso gli interventi ha così preso forma un percorso nel quale passato presente e futuro non si sono mostrati semplicemente rappresentazioni del tempo, ma interconnessioni continue nel tempo del nostro vissuto. Sostenibilità e paesaggio, sono due parole che ci permettono attraverso un semplice sguardo nell’orizzonte del pensiero, di andare avanti e indietro nel tempo riconnettendoci sia allo scorrere del tempo inteso nel senso tradizionale del significato, sia di osservare ed esplorare simultaneamente una complessa ed articolata costruzione di una spazialità geografica in continua evoluzione, oggi sempre più fragile, fondata su saperi e relazioni che da sempre legano in modo indissolubile l’uomo con le sue scelte ed i suoi comportamenti, al suo futuro e a quello di tutte le specie abitanti il pianeta.
La summer school si è aperta con un confronto tra i protagonisti locali (il Presidente dell’Unione Montana Elio Ivo Sassi, il referente area istruzione della strategia Emanuele Ferrari, il Presidente del Parco Nazionale Fausto Giovanelli e l’Assistenza tecnica alle progettazioni Giampiero Lupatelli) e i partecipanti alla summer sui temi della programmazione 2014/21, ma anche sul futuro legato alla strategia delle aree interne, e come questo sia fortemente connesso a quanto nel tempo la politica locale sia stata determinata e capace nel proporre e mettere a sistema in termini di protezione e valorizzazione ambientale e culturale il territorio montano dell’Appenino reggiano, prima con l’istituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco emiliano successivamente con la candidatura ed il suo riconoscimento come Riserva della biosfera da parte dell’Unesco.
La mattina seguente i docenti del DASTU (Dipartimento di Architettura e Studi Urbani) del Politecnico di Milano hanno tenuto un interessante laboratorio dal titolo “Progetti, piani e politiche per il paesaggio delle aree interne”. Anna Fera, Dottoranda Comunale e geografa ha proposto una riflessione profonda sul filo che unisce le filiere produttive al paesaggio e alla sostenibilità. Laura Montedoro Architetto e docente ha accompagnato nell’in-Sostenibile mutevolezza del paesaggio. Prendendo spunto dal paese di Bajardo nell’entroterra di Sanremo ha permesso a tutti i partecipanti di affacciarsi attraverso una narrazione appassionata ed affettiva, sulla lettura del tempo che nelle sua ineludibilità, diventa produzione di paesaggio, capacità di sguardo, storia, velocità dei cambiamenti. Nel momento in cui il luogo che ha subito un forte processo di de-antropizzazione con conseguente perdita di identità, viene rimesso in discussione anche grazie ad una nuova potenziale strategia di rigenerazione, la progettazione che nel suo significato più autentico significa proiettare in avanti, deve relazionarsi con le visioni di un tempo diverso. Ha chiuso la mattinata Michele Ugolini Architetto e docente che ha introdotto al tema della valorizzazione del paesaggio, prendendo spunto dal progetto storico della Strada militare dello Stelvio nelle Valle del Braulio. In questo caso l’elemento antropico nella sua evoluzione temporale è diventato la rappresentazione dello spazio sulla quale ragionare delle scale e della misura del paesaggio. Come valorizzare una strada che oggi è principalmente solo un attrattore turistico? L’approccio metodologico si è sviluppato attraverso uno dei principi fondamentali della pedagogia della lettura del paesaggio cioè, imparare a guardare attraverso l’esplorazione, per imparare a vedere quello che non c’è. Man mano che la ricerca e l’indagine territoriale si sono sviluppate, sono emersi dal paesaggio tutti quegli elementi, segni, che inseriti nel tempo dall’uomo ne sono diventati parte integrante anche se invisibile, segni che riconnessi alle storie delle persone sono diventati significanti e significativi per la comprensione di quel paesaggio di quel territorio.
Nel pomeriggio è seguita la lectio Magistralis dal titolo “Ecologia e paesaggio” tenuta dal Prof. Gabriele Pasqui, che ha accompagnato in un viaggio che non ti aspetti da un Docente di un politecnico. Non si è parlato di infrastrutture, di un’ecologia che può convivere con il costruito tecnico dell’uomo, la stessa pianificazione del territorio è stata messa in un angolo, per dare spazio al pensiero profondo dall’uomo, dove il paesaggio fatto di parole ci conduce a produrre un nostro catalogo immaginario di paesaggi. Il paesaggio che non è una fotografia, diventa mediatore delle pratiche di vita, il cosiddetto paesaggio agito, abitato da corpi in movimento. Dove diventa necessario costruire una cultura del paesaggio inteso non più solo come soggettività e sguardo, ma come ecologia, consapevolezza che le trasformazioni climatiche lo cambieranno anche in tempi molto rapidi. Questo cambiamento non dipende dal fato, ma dall’azione combinata dell’uomo e della natura che si alimentano reciprocamente e che al contempo diventeranno fattori che aumentano nel mondo il divario delle disuguaglianze sociali.
Nella giornata seguente la scuola si è spostata a Minozzo, dove l’Università Benedetta Castiglioni geografa Referente corso di laurea magistrale in Scienze per il paesaggio e Margherita Cisani, ricercatrice DISSGea hanno parlato di paesaggio invitando i partecipanti ad “immergersi” proprio nel paesaggio, aula laboratorio all’aperto dove, utilizzando una scheda con l’obiettivo di acquisire una metodologia per l’osservazione e l’analisi del paesaggio, prima in forma individuale e successivamente in gruppo, i partecipanti hanno cominciato a prendere contatto in modo metodologico e didattico con il tema paesaggio. Nelle diverse tappe sono stati individuati gli elementi del paesaggio, attraverso una lettura denotativa, i valori ed i significati, attraverso una lettura connotativa, i fattori del paesaggio, per una lettura interpretativa ed infine nella quarta tappa utilizzando diverse fonti i cambiamenti del paesaggio per elaborare una lettura temporale.
Questo esercizio ha messo in risalto che le conoscenze culturali e concettuali acquisite nel tempo influenzano la soggettiva percezione del singolo, perdendo così la capacità di lettura andando a cercare nella nostra memoria quel catalogo di paesaggi come detto dal Prof. Pasqui.
Al laboratorio è stato invitato Giuseppe Vignali, Direttore del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, che nel suo intervento ha sviluppato diversi temi relativi alla tutela dell’ambiente, mettendo in risalto sia il valore territoriale dell’esistenza di un Parco Nazionale, che svolge una intensa attività di ricerca, sia il valore a volte in parte sconosciuto della presenza della Riserva della Biosfera. Riconoscimenti che danno un valore aggiunto alla montagna reggiana. Inoltre ha descritto in modo chiaro la gestione dei boschi e dei crediti per la sostenibilità, che possono diventare attraverso la remunerazione dei proprietari dei boschi, valorizzazione dei servizi ecosistemici ad esso associati, per migliorare la qualità dell’acqua, dell’aria e della biodiversità.
Nel pomeriggio il Prof. Fabrizio Frignani, geografo ed esperto del paesaggio per l’area interna “Appennino Reggiano”, con l’intervento dal titolo “Ri-abitare i paesaggi” ha voluto proporre una discussione sul ripensare allo spazio del vissuto umano, come un bene comune, dell’inclusione, dell’educazione e della condivisione per dare un futuro all’umanità. Un vero futuro sostenibile realmente possibile, utilizzando come strumenti educativi e di apprendimento documenti come la Convenzione europea del paesaggio, la Convenzione di Faro, Agenda 2030, e per ultimo il GreenComp, dove l’Unione europea per arrivare all’integrazione del tema sostenibilità nei sistemi di istruzione e formazione, suggerisce una serie di competenze in materia di sostenibilità, che dovranno essere il bagaglio culturale di ogni cittadino europeo.
Al laboratorio pomeridiano ha partecipato Enrica Dondero, docente Direttivo Clio 92, che ha portato il caso “Conceria Bocciardo: una storia da salvare”. Il suo impegno per una didattica dell’apprendimento innovativa nella scuola, dove non esiste più un limite tra interno ed esterno, prende vivida forma in questo progetto realizzato con i suoi studenti della secondaria di secondo grado. L’attuale istituto scolastico Buonarroti di Genova sorge dove un tempo esisteva la conceria Bocciardo, una realtà produttiva di primo piano nell’economia genovese tra la metà del XIX° e la fine del XX°. Di questa realtà, delle sue storie, della storia di quella parte di città operaia, non è rimasto nulla: il paesaggio urbano è diventato altro. Prima di raggiungere l’oblio una scuola ha provato, andando alla ricerca dell’invisibile, a recuperarne la memoria e, attraverso una mostra, a tramandare una storia perché questa non venga mai dimenticata. Questo progetto ci accompagna verso un nuovo modello di pensiero su come costruire il paesaggio, che non può essere più considerato un rapporto esclusivo ristretto tra politica e pianificazione, tra amministratore e progettista, ma che deve tenere in considerazione la partecipazione attiva, sia la governance sia chi progetta deve ascoltare e relazionarsi con gli abitanti che vivono quello spazio urbano, principalmente con il mondo dell’educazione, la scuola, abitata dai cittadini del futuro.
Sabato mattina Sabrina Lucatelli, Direttrice di Riabitare l’Italia, ha cercato di chiarire ai partecipanti alcuni importanti temi della Strategia Nazionale delle Aree Interne. Per chi non ha vissuto l’esperienza di operare e lavorare in un’area Snai, onestamente fatica a comprenderne le dinamiche ed i risultati, perché questi a volte vanno visti ed osservati su scale nuove e diverse. Nel suo intervento appassionato, non si è limitata a spiegare cos’è la Snai, ci ha svelato come è stata pensata, quali difficoltà hanno incontrato nelle diverse anime dell’Italia interna, quali indicatori nuovi sono stati messi in campo per definire i progetti e come questi indicatori venivano modificati secondo le giuste diversità identitarie delle comunità locali interessate. Un elemento è rimasto comune a tutte le idee progettuali e a tutte le azioni proposte: l’uomo posto di nuovo al centro dello sviluppo, di ogni singolo territorio. Il progetto aree interne ha portato le comunità a chiedersi cosa vogliono essere, le ha fatte riflettere per investire nel loro patrimonio culturale, creare reti, dare valore a quello che hanno già al loro interno, lavorare insieme, anche tra Amministratori di territori e Comuni diversi.
Nella discussione è intervenuta anche Viviana Ferrario, Geografa docente IUAV di Venezia che, in quanto Presidente della Fondazione “Comelico Dolomiti”, ha descritto il lavoro che da alcuni anni la fondazione sta svolgendo in questo territorio di alta montagna. Durante l’intervento sono emersi spunti interessanti, che permettono a chi deve fare progettazione all’interno di un’area marginale nello sguardo d’insieme e/o contemporaneamente nel dettaglio di eventuali azioni strategiche, di invertire lo sguardo. Ormai siamo tutti consapevoli che per vivere nelle aree interne sono fondamentali i servizi di prossimità, che le componenti culturali possono essere strategiche per lo sviluppo locale, ma visto che nella maggior parte dei casi queste aree sono localizzate in montagna, bisogna far si che questa importante porzione d’Italia diventi centralità nelle politiche di governo centrale e periferico in generale. A loro volta però le comunità locali non possono sempre pensare che lo sviluppo passi dall’agricoltura o dal turismo, soprattutto nel secondo caso si rischia di produrre una “monocoltura del turismo”. Andare oltre, avere uno sguardo diverso, sempre ponendo attenzione alla storia.
Ha chiuso i lavori Daniela Storti PhD in Istituzioni Agricoltura e Sviluppo Economico e Componente del comitato tecnico nazionale aree interne. Il suo intervento, l’unico a distanza, ci ha permesso di percepire una visione delle aree interne che non ti aspetti. Infatti il luogo comune che le contraddistingue da alcuni decenni è lo spopolamento, eppure queste aree continuano ad essere luoghi vivi, dove si produce, dove esistono attività ecosistemiche, dove comunque alcuni milioni di cittadini hanno deciso di vivere. Restare, tornare, sperimentare anche solo per qualche tempo una vita diversa più lenta e connessa con una naturalità più presente è un desiderio di molti.
Nel pomeriggio, l’ultimo intervento proposto “Guerra, Archeologia, Scrittura”, riflessioni su un episodio del Massiccio del Grappa dell’ archeologo Italo Riera all’inizio ha lasciato i presenti un po’ meravigliati, alcuni attratti con lo sguardo sulle fotografie storiche che ritraevano soldati al fronte sul Grappa, altri in assoluto silenzio ad ascoltare la narrazione che il relatore pian piano svelava. Né è risultato un intervento unico e particolare, dove sono emersi alcuni fondamenti metodologici della ricerca archeologica che possono essere utilizzati nella ricostruzione dei paesaggi storici. Le fotografie non sono solo state mostrate, sono state localizzate sul territorio e ad un primo sguardo utilizzate per comprendere i cambiamenti avvenuti nel tempo. Il racconto scelto per immergerci in quel tragico momento storico rivissuto attraverso le parole del soldato, ha preso vita, diventando paesaggio del presente. Lo sguardo dell’oggi a sua volta ha reso viva attraverso le tracce di sentieri, le piazzole dei cannoni, le rovine di edifici che un tempo erano posti di comando, la narrazione del soldato. Sembra quasi che il tempo abbia deciso che questa rappresentazione teatrale dovesse vivere due momenti distinti, quelli di una tragica prova generale con gli attori e quella più lontana da quel tempo, dove gli attori non ci sono perché molti sono morti durante quella prima rappresentazione. Uno spettacolo teatrale dove per comprendere la storia e le scene abbiamo bisogno di riscoprire, recuperare, onorare la memoria, e proprio questo che il relatore ha voluto dirci. Questi luoghi sono depositari di una memoria che non può essere classificata, sono paesaggio della memoria, perché sono memoria le atrocità della guerra, ma lo sono anche le fatiche delle genti che dopo quella guerra hanno cercato di ri-abitare questa montagna. Hanno provato a dare nuova forma al paesaggio, ma queste storie sono li, sotto un leggero substrato di terreno. Allora l’invito che viene è quello di pensare se non vale la pena decidere che certi luoghi sono sì paesaggi in divenire ma che non dovranno mai omologarsi a modelli di sviluppo il cui unico obiettivo è quello dello sfruttamento economico.
I casi studio sono stati importanti per attivare nei partecipanti, domande, riflessioni, ma soprattutto discussione creativa nei laboratori che si sono tenuti dopo ogni sessione frontale. Infatti dopo ogni relazione i partecipanti sono stati suddivisi in gruppi omogenei dal punto di vista delle competenze e invitati a produrre delle considerazioni di fattibilità su proposte realmente realizzabili nel futuro delle diverse aree territoriali di competenza e provenienza.
Ringrazio tutti i partecipanti, ed i relatori intervenuti, con quest’ultimi mi scuso fin da ora se non ho riportato con completezza tutti gli interventi. Vorrei ringraziare con sincera stima le persone straordinarie che hanno permesso, la realizzazione e la riuscita di questa prima scuola di paesaggio.
Fabrizio Frignani
Comitato scientifico Summer school “Sostenibilità e Paesaggio”