
Sono Laura Campari, insegnante nella scuola primaria da quasi quaranta anni. Lavoro nell’I.C. “Bismantova” di Castelnovo ne’ Monti. Ho frequentato l’Istituto Magistrale e ho superato il concorso per il ruolo poco più che ventenne. Sono entrata nel mondo della scuola un po’ per caso, mentre frequentavo l’Università e avevo deciso di accettare qualche supplenza per mantenermi economicamente almeno in parte. Nessuna vocazione, quindi, anche se sono “figlia d’arte”, mamma, zie e nonna, tutte maestre. Sento il mio lavoro come un quotidiano andare a bottega, mi vivo come artigiano. Non ho perso né l’orgoglio né lo stupore per le conquiste compiute dai bambini e dalle bambine, mi appassiona e mi intenerisce potere essere parte della loro crescita. Mi intriga osservarli mentre costruiscono i loro ragionamenti, ipotizzano, smontano e rimontano, si incantano ascoltando una narrazione. Ho goduto spesso della presenza attiva e sinergica di colleghe/i con le/i quali ho condiviso progetti, soddisfazioni e momenti didatticamente, umanamente delicati.
Quando posso mi ritaglio pause di silenzio. Sono attratta da tutto ciò che ho intorno, dall’umanità alle foglie. Cammino, nuoto, faccio passeggiate con il mio cane, leggo mentre mescolo marmellate e idee, cose normali.
Mi piace sentire l’atmosfera dei luoghi. Le campiture accese, i dettagli, i profumi e la mitologia hanno un fascino speciale per me.
Da sempre i temi ambientali sono entrati senza bussare nella mia didattica.
Mi ritengo molto fortunata perchè sono professionalmente cresciuta in un ambiente stimolante e ricco, sostenuta prima dalle proposte formative del CCQS e poi da quelle del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. I bambini e le bambine hanno antenne per sentire l’onestà e la passione degli adulti di riferimento: so che ciò che entusiasma, preoccupa o coinvolge gli insegnanti passa quasi per osmosi in loro. Così, è stato naturale portare le diverse generazioni che hanno attraversato i miei anni di lavoro dentro al tema ambientale. La conoscenza conduce al rispetto e il rispetto alla cura. È uno stile, una scelta trasversale porre attenzione all’ambiente, fare in modo di sentirsi ospiti e protagonisti nell’ abitare la Terra. Non credo ci siano temi più importanti di altri, forse ne esistono di più urgenti, ma la circolarità e l’interconnessione, tipiche delle tematiche ambientali, permettono di “inciampare” in qualunque punto e spunto per abbracciarne molti altri.
Durante uno dei seminari residenziali promossi dal Parco ( a.s. 2015/16) ho avuto modo di incontrare il prof. Sergio Manghi e, attraverso le sue parole, Bateson, la triangolazione uomo-uomo-natura, l’ecologia della mente. Forse si ascolta ciò che già si sa, si cercano conferme, anche inconsapevolmente, di ciò che è il nostro percorso, ma per me e la mia pratica didattica si è illuminata una zona sempre vissuta e mai teorizzata. L’ interdisciplinarietà che connota sostenibilità e ambiente muove non solo aree elettive quali quelle geografico – scientifiche, ma anche percorsi sociali (relazione e gestione del conflitto), storici, linguistici, forme di arte, scelte consapevoli; promuove il problem solving. Seguendo le tracce di qualunque stimolo che proviene da un ambiente vissuto, inevitabili sono gli incontri. Inaspettati e suggestivi aprono orizzonti, offrono spiegazioni, entrano nelle profondità, cuciono tasselli. L’ incontro è l’altro, lo sconosciuto, forse il conosciuto che si lascia indagare; siamo noi stessi che riusciamo a rivelarci. Nella triangolazione uomo-uomo-natura le polarità che si incontrano/scontrano sono inserite in un contesto complesso (ecosistema, fattori biotici, abiotici, antropici, storici, geografici). Si può allora decidere se assistere come spettatore o se entrare nella trama, farne parte, avvicinandosi così ad una forma di cittadinanza agita. Nella pratica quotidiana cerco di utilizzare tutte quelle metodologie che permettano un apprendimento significativo, soprattutto quelle laboratoriali. Mi sembrano efficaci sia il cooperative learning che la lezione dialogata e il debate. Pratico gli strumenti dell’innovazione tecnologica da autodidatta e principiante ( ho una meravigliosa collega di classe che mi accompagna pazientemente passo dopo passo e non mi sgrida!), ma li sento come supporto, come mezzo, per approfondire e sostenere il FARE, l’ESPLORARE, l’OSSERVARE. Gli ultimi tre anni hanno segnato in modo marcato la relazione didattica e gli apprendimenti. DAD e DDI, mancanza di relazione con altre classi, con altre realtà, esperti in videoconferenza, impossibilità di compiere visite guidate e gite, hanno limitato fortemente tutte le azioni educative. Gli spazi della struttura esterna degli edifici scolastici in cui ho operato ( Sede centrale via U.Sozzi) e in cui opero ( nuovo edificio scolastico in via F.lli Cervi) hanno permesso scarsissimi apporti e approcci alla outdoor education. Non sono soddisfatta di questi tempi, di queste modalità; li accetto come limiti inevitabili. Apprezzo la maggiore familiarità con gli strumenti multimediali, ma spero fortemente in un prossimo futuro in cui si possa rielaborare un passato fatto di azione e di pensiero, di una reale interazione sociale.