
Di seguito pubblichiamo l’intervento del Prof. Fabrizio Frignani nell’ambito del laboratorio 4 “Le piccole scuole”, della XIII Edizione della Summer School dell’Archivio Istituto Emilio Sereni.
Vorrei iniziare questo intervento, stralciando ed analizzando in due parti quanto è stato scritto dagli organizzatori nel programma generale della scuola di paesaggio di questa edizione per introdurre appunto il laboratorio dedicato alle piccole scuole.
“La scuola è un servizio essenziale e il suo mantenimento nelle zone interne è una condizione per invertire la rotta dello spopolamento”, (la considerazione)
”Come la lettura e la conoscenza del paesaggio può aiutare la resistenza delle piccole scuole in chiave innovativa e di qualità educativa”, (la domanda).
Parto dal dare le riposte che mi serviranno per presentare il lavoro molto complesso, articolato e innovativo che stiamo portando avanti nell’area Snai che oggi rappresento.
Per quanto riguarda la considerazione, l’unica riposta è Si.
Se c’è una scuola, c’è uno spazio educativo, dove i genitori durante le ore nei quali sono assenti da casa possono lasciare i figli, ma soprattutto la scuola è un riferimento dove l’intera comunità s’incontra, si confronta ed è consapevole che in quel determinato luogo c’è un presidio culturale di tutti. Un luogo dove, dai bambini più piccoli ai ragazzi sempre più grandi, tutti possono apprendere conoscenze e confrontarsi, ma soprattutto imparano che oltre alla propria abitazione, quell’edificio è il loro secondo Nord magnetico, il primo è la casa. Il punto di riferimento che nessuno di noi ha mai dimenticato e nessuno mai dimenticherà.
Per quanto riguarda la domanda, così per come è strutturata, ci identifico pienamente il progetto didattico educativo che da qualche anno, prima con l’istituzione del Parco Nazionale, poi dell’Area Mab Unesco e soprattutto oggi attraverso il progetto Snai costituito da diverse azioni rese operative nei laboratori, vede gran parte delle scuole dell’Appennino partecipare attivamente a tutte le iniziative che vengono proposte, nell’ambito della valorizzazione del territorio e della sostenibilità, sia a livello locale che globale.
I numeri.
L’area progetto interessa 7 comuni, Carpineti, Casina, Castelnovo ne Monti, Vetto, Villa Minozzo, Ventasso, alla quale si affianca una area strategica con altri 12 Comuni che coinvolge le provincie di Modena, Reggio Emilia e Parma.
Nell’area progetto ci sono 5 Istituti Comprensivi con alcune pluriclassi (le piccole scuole) per un totale di circa 2700 studenti e due Istituti superiori con circa 1600 studenti, che ad oggi sono diventati attrattori non solo per gli studenti della montagna, ma anche per quelli provenienti dall’area dell’alta pianura reggiana e parmense e dalle rispettive città capoluogo di Provincia.
Il Progetto educativo ed il paesaggio.
Da anni il lavoro fatto unitamente dal Parco Nazionale e dalle Amministrazioni locali, rivolto prevalentemente alla scuola ma non solo, volto alla costruzione di una nuova sensibilità verso la biodiversità ed allo sviluppo sostenibile è senza ombra di dubbio una delle azioni più importanti sulla quale chi sta operando oggi sul tema paesaggio ha trovato una base pedagogico-educativa già consolidata e fattivamente presente nelle attività didattiche delle scuole, fondata soprattutto su una importante attività diffusa di formazione.
La grande novità, voluta dalla governance del progetto Snai è stata quella di introdurre come elemento trainante le azioni, uno sguardo ad un nuovo soggetto, giuridico, di sviluppo sociale ed economico, cosi come indicato dalla Cep (Convenzione europea del Paesaggio); il paesaggio.
Sicuramente per chi come voi sceglie di frequentare la scuola di paesaggio o partecipa alle attività formative e di studio proposte dall’Archivio Emilio Sereni è ben consapevole dell’importanza della conoscenza e della valorizzazione del paesaggio, purché questo avvenga attraverso la ricerca e l’applicazione di una metodologia scientifica ed aggiungo multidisciplinare, che ci portano a comprendere meglio il passato, capire il presente ed anche per costruire uno sguardo diverso, nuovo, sul futuro. Parlare di paesaggio non può essere considerata una semplice azione di tendenza, ma deve diventare un vero e proprio percorso pedagogico educativo rivolto a tutti i cittadini, amministratori e politici compresi.
Perché cominciare dalla scuola.
Inizio questa parte di intervento utilizzando l’immagine di una abitazione che, anche se oramai implosa completamente su se stessa, ha una parte che resiste ben appoggiata alle sue fondamenta, le sue radici che la legano alla terra; alla quale ho sovrapposto una frase della scrittrice Antonella Tarpino dal suo libro Spaesati “….E proprio inciampando nei suoi ruderi che si avverte quanto il passato…contamini ancora il presente”.
Nelle cosiddette aree marginali la contaminazione del passato sul presente è molto forte, qualsiasi segno-elemento che noi possiamo osservare nel paesaggio, ci riconnette con quel tempo passato, con le storie che, dimenticate, non sono più visibili all’occhio umano. In realtà sono ancora ben presenti perché rese vive proprio da quelle pietre, di case, di borghi abbandonati, di strade ormai fagocitate dalla vegetazione, di campi coltivati, e tanto altro, che solo allo sguardo di chi vi abita o vi ha abitato, comunità e famiglie, diventano la memoria.
Ma perché dobbiamo cominciare dalla scuola?
Perché nella scuola troviamo quella componente di popolazione più facile da raggiungere, ma soprattutto perché i più piccoli sono ancora privi di quei filtri mentali che abitualmente condizionando le idee e le opinioni degli adulti.
Cominciare dalla scuola perché il lavoro di dettaglio che si può attivare attraverso questo punto di osservazione generalizzato e diffuso deve considerarsi la circostanza-opportunità di partenza per imparare a leggere il paesaggio. Senza questa fondamentale azione di socializzazione con ciò che ci circonda non è possibile attivare nessun processo educativo sul paesaggio. Perché i bambini ed i ragazzi quando tornano a casa diventano i divulgatori di questi nuovi, oppure semplicemente riscoperti comportamenti o buone maniere del vivere.
Il modello di ricerca.
Si articola su due domande, la prima: “Perché educare al paesaggio”, dove al centro dell’attenzione viene posta la persona, che verrà coinvolta in un processo generale di crescita e formazione, vivrà esperienze che la coinvolgeranno nella riscoperta della bellezza di vivere-rivivere i sensi, instaurerà relazioni per diventare custodi del bene comune, testimoni della cultura, consapevoli del ruolo di abitanti, responsabili di quei luoghi.
La seconda: “Perché imparare a leggere il paesaggio”.
Attraverso una lettura denotativa che è la parte materiale si dovrà rispondere alla domanda: com’è il paesaggio?
Attraverso una lettura connotativa che è la parte immateriale si dovrà rispondere alla domanda: com’è il paesaggio?
Attraverso la lettura interpretativa si dovrà rispondere alla domanda: perché il paesaggio è così?
Ed infine attraverso la lettura temporale si dovrà rispondere alla domanda: com’era il paesaggio nel passato e come sarà nel futuro?
Tutte queste domande non possono trovare risposta nei libri, ma nel vivere direttamente il paesaggio, percorrendolo, calpestandolo ed osservandolo, gli studenti apprenderanno attraverso l’esperienza a:
A) Riconoscere i diversi elementi del paesaggio e le relazioni che li legano, riconoscere quindi che ogni paesaggio è unico.
B) Riconoscere le capacità del paesaggio di offrire sensazioni e suscitare emozioni, individuando i valori ed i significati del paesaggio.
C) Produrre una spiegazione dei caratteri del paesaggio in relazione ai fattori naturali e antropici.
D) Comprendere le trasformazioni del paesaggio e raccontarne la sua storia, immaginando anche il suo cambiamento futuro.
Come pensiamo di raggiungere questi obiettivi e realizzare un modello Appennino?
Proponendo una formazione diffusa, continua e sempre più multidisciplinare dei docenti, coinvolgendoli direttamente anche nello sviluppo di questo percorso pedagogico, verificando con loro criticità e positività sia delle proposte formative che del modello stesso.
Sperimentando curricoli verticali pensati per tutto il percorso educativo, dalla scuola dell’infanzia alle scuole superiori, con attività seminariali e di formazione per gli studenti universitari hanno intrapreso percorsi di studio nell’ambito della formazione, ma anche nell’ambito della pianificazione territoriale, dell’ambiente, della sociologia e dell’antropologia.
Utilizzando il paesaggio come uno strumento per imparare, non una materia da insegnare, considerandolo un Ipertesto dove ogni elemento può essere percepito sotto ogni forma sensoriale. Nell’attuazione di questo percorso si vuole spostare l’asse dell’educazione, superando anche quella che viene definita la didattica innovativa, passando dalla trasmissione del sapere del docente all’apprendimento attraverso attività esperienziali, che andranno svolte nel “laboratorio territorio” o in in alternativa “nell’aula all’aperto”.
Una didattica verticale sviluppata attraverso schede, che devono essere considerate tracce operative(che dovranno evolversi nel tempo) per svolgere un lavoro suddiviso per i diversi ordini di scuole in tre macro sezioni:
1) educazione al paesaggio
2) lettura del paesaggio
3) analisi dei fattori che hanno portato a quel paesaggio e pensare a come dovranno essere i paesaggi del futuro.
La possiamo chiamare scuola innovativa?
Sicuramente la principale innovazione la possiamo evidenziare nel fatto che bisogna cambiare il modo di fare lezione, utilizzando in forma molto minore la classica lezione frontale. Però se innovazione didattica significa fare scuola, vivendo il e nel paesaggio, stiamo solo riguardando con attenzione al passato per quanto gli illustri maestri della pedagogia e della didattica italiana hanno già sperimentato con risultati interessantissimi. Risultati che spesso non piacevano al sistema, relegando queste didattiche pedagogiche troppo semplici, non a caso, nelle aree marginali.
L’innovazione di una pedagogia educativa sul-nel paesaggio, la dobbiamo andare individuare proprio nel paesaggio stesso, proponendo un approccio diverso, una scuola dove è necessario far si che chi fa il regista (insegna) e chi apprende (allievo) possa cogliere dal paesaggio quella parte di sapere e conoscenze che ci riporta alla dimensione concreta e applicativa data dal vivere esperienze. Porsi domande per cercare le risposte, attivando attraverso l’esplorazione dello spazio geografico la voglia di scoprire, la curiosità; l’altro sguardo.
Come poteva essere quello di Mario Lodi quando scriveva:”………racconta, il maestro, di questo bambino che arriva a scuola la mattina con una curiosità ed un desiderio da appagare: Attilio, con i suoi pacchetti di polvere colorata e quella strana richiesta: “Maestro, posso dipingere?” Il maestro non propone modelli da copiare, solo fornisce un foglio di carta grande, pennelli, leganti per i colori. accade così l’inaspettato: questo bambino, senza alcuna indicazione, racconta il suo mondo, il suo papà che munge la mucca. da questo episodio scaturisce la decisione: niente più modelli da copiare, ma libertà di raccontare con il disegno”.
Il paesaggio è rappresentazione di Libertà, ma anche tante altre parole come, inclusione, unico, valori, identità, patrimonio, tutela, abitanti, sentimenti, sostenibilità, sensi, affetti, socializzazione, laboratorio, consapevolezza, comunità.
Giunti a questo punto del percorso di lavoro sul-nel paesaggio perché non provate a rispondere a queste domande?
Com’è il paesaggio?
Perché esiste questo paesaggio?
Perché è composto da questi elementi?
Come dovrebbe essere il mio paesaggio?
Di seguito le diapositive utilizzate per l’intervento.