
Intervista di Giampiero Lupatelli a Sabrina Lucatelli, direttrice della Associazione Riabitare l’Italia
Giampiero Lupatelli: Cara Sabrina, per lungo tempo tu hai coordinato l’azione del Comitato Tecnico Aree Interne che è stato il centro propulsore della SNAI e in questo ruolo ti abbiamo conosciuto e tu hai conosciuto noi e il nostro territorio, nelle molte occasioni che ti hanno visto partecipare agli incontri, ai seminari e alle iniziative pubbliche attraverso le quali ha preso avvio la Montagna del Latte. Ora che è cambiato il tuo ruolo istituzionale all’interno del Dipartimento per la Coesione Territoriale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, continui ad occuparti dei temi che ci sono cari, come direttrice della Associazione Riabitare l’Italia. Ce ne parli?
Sabrina Lucatelli: L’Associazione Riabitare l’Italia deve il suo nome dal Libro, curato da Antonio De Rossi e pubblicato dall’Editore Donzelli nel 2018; è stata promossa da un gruppo composito di studiosi, esperti e policy makers con diverse sensibilità culturali e affinità disciplinari, raccolti attorno alla casa editrice Donzelli; ha l’obiettivo di stimolare riflessioni e conoscenze condivise utili a costruire una nuova rappresentazione d’insieme dell’Italia contemporanea, in grado di raccontare le sue contraddizioni e le disuguaglianze, i suoi punti di forza e le sue potenzialità, e di disegnare sentieri evolutivi che prefigurano il miglior equilibrio possibile tra le persone, le risorse e i luoghi. Abbiamo l’ambizione di aprire e alimentare una grande discussione intellettuale, civile e politica sui modi con cui si può Riabitare l’Italia; ripensare le forme stesse dell’insediamento, della mobilità, del rapporto con l’ambiente e la salute, del lavoro, della qualità della vita e della cittadinanza. La contrazione demografica, economica, istituzionale e civile di buona parte del nostro paese, ancor prima che una emergenza sociale ed economica, è un’urgenza politica e culturale. L’Italia è il paese delle diversità territoriali e del policentrismo: dalle aree interne alle città medie, dalle aree rurali ai distretti industriali, il progressivo disinteresse verso il policentrismo determina, in Italia come nel resto d’Europa, un destino di marginalizzazione dei territori esclusi dalla narrazione dominante, tanto nell’opinione pubblica che nelle politiche. Questo si traduce in scarsità di investimenti a misura dei luoghi, mancate opportunità occupazionali, minore innovazione nei servizi alla persona, disattenzione verso la sfida climatica e demografica. La conseguenze di questo misconoscimento sono chiarissime per le aree interne del nostro Paese: non vi è traccia, nel dibattito culturale, di cosa sarà il futuro degli oltre 5000 piccoli centri di pietra e legno italiani di cui Daniel Libeskind, l’architetto che ha ricostruito Ground Zero a New York, ha detto che “racchiudono il DNA dell’umanità”. Oggi l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica è tutta concentrata su come trasformare le nostre grandi città in poli in grado di competere in un’arena globale, perché è li che secondo la narrativa dominante, si determinerà il futuro del nostro paese. Ma i fragili policentrismi che attraversano, da Nord a Sud, il Paese chiedono uno sguardo più lungo e una visione di futuro più ambiziosa. Il gruppo eterogeneo di ricercatori, accademici, policy makers e operatori raccolto intorno al progetto Riabitare l’Italia, ha, dati alla mano, dimostrato che non è così!
Giampiero Lupatelli: Per rispondere a queste esigenze, così pressanti per il destino delle “piccole Italie” che la SNAI ha molto contribuito a portare all’attenzione della politica e soprattutto della opinione pubblica nazionale quali iniziative ha messo in campo e intende sviluppare l’Associazione Riabitare l’Italia?
Sabrina Lucatelli: Per recuperare la percezione che la fortuna e l’originalità del nostro paese risiede proprio in quel rapporto osmotico che lega le cento città italiane e il policentrismo dei territori che le circondano, c’è bisogno di intraprendere una grande battaglia culturale e politica. Fin quando il tema non sarà riportato al centro del dibattito pubblico, in primis culturale, non si potranno pensare e attuare vere politiche pubbliche capaci di segnare una discontinuità. Riabitare l’Italia è un progetto culturale, ambientale e politico. Il progetto nasce per riportare al centro del dibattito culturale del paese la questione della contrazione dei territori, dagli squilibri demografici, a quelli istituzionali, civili ed economici. Si rivolge all’opinione pubblica vasta, all’ambito della ricerca, alle politiche, favorendo il dialogo fra le istituzioni e player nazionali del privato. Nello specifico l’Associazione opera per favorire una maggiore conoscenza del paese, e sensibilizzare l’opinione pubblica sul valore ambientale, economico, culturale del policentrismo; combattere gli stereotipi, che guardano alle aree non al centro delle narrazioni dominanti come residuali e che determinano scelte politiche che li marginalizzano; valorizzare le differenze e la ricchezza di climi, di popolazioni, di economie che fa del nostro un paese unico; spingere perché, in ambito di ricerca, si adotti uno sguardo interdisciplinare per la comprensione delle dinamiche che attraversano i nostri territori; favorire l’incontro fra gli ambiti della conoscenza e delle politiche, affinché ne possano nascere politiche più informate; offrire uno spazio di scambio fra soggetti pubblici istituzionali e privati in ambito energetico, infrastrutturale, economico; sperimentare idee, servizi, e progetti di innovazione su base territoriale con il coinvolgimento delle istituzioni e dei privati col fine di riportare popolazione sulle aree Riabitare l’Italia opera attraverso la pubblicazioni di libri a scadenza periodiche; saggine e altro materiale anche video, il patrocinio di iniziative che vanno nella direzione degli obiettivi del progetto; l’organizzazione di seminari e workshop tanto a livello centrale che locale; l’organizzazione di incontri istuituzionali volti a favorire partnership di progetto pubblico/privati; azioni a supporto di progetti in essere o di piccole sperimentazioni.
Giampiero Lupatelli: “Vaste programme”, Sabrina, avrebbe detto il Generale De Gaulle, ma con quali risorse opera l’Associazione?
Sabrina Lucatelli: La compagine associativa, a partire dai 20 soci promotori, può ora contare su oltre 100 soci ordinari; 23 soci giovani; 13 soci partner; 8 soci partner istituzionali. Sono rappresentati in questa compagine i poli universitari di Torino, Milano, Bergamo, Padova, Trieste, Firenze, Roma, Arcavacata e il Gran Sasso Science Institute dell’Aquila; istituti di ricerca come il Centro comune di ricerca della Commissione europea (Jrc), ll Collegio Carlo Alberto, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Eurac Research, il centro di ricerca sullo sviluppo locale dell’Ocse; il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA); Donzelli Editore; sono inoltre presenti organizzazioni di cittadinanza attiva come il Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD); organizzazioni di rappresentanza come Confcooperative ed Uncem; istituzioni di politiche pubbliche come il Formez. E, naturalmente, è ampiamente rappresentata l’esperienza e la cultura maturata nell’ambito della SNAI, Strategia Nazionale Aree Interne.