
Mi chiamo Laura Saccaggi, ho 56 anni, sono sposata ed ho una figlia. Da sempre vivo a Carpineti e lavoro a Castelnovo Monti. Da quando, nel 1984, ho conseguito il diploma di infermiera ho sempre svolto la mia attività presso l’ Azienda USL di Re ed ho sempre lavorato presso l’Ospedale S. Anna.
Il susseguirsi negli anni di importanti cambiamenti professionali, culturali e organizzativi nell’ambito della Sanità hanno determinato l’esigenza di un aggiornamento professionale costante che mi ha portato a conseguire prima il Diploma Universitario in Scienze Infermieristiche presso l’Università Tor Vergata di Roma, poi il Master per le funzioni di Coordinamento presso l’Università Alma Mater di Bologna. Ad oggi sono Responsabile delle Professioni Sanitarie nel Dipartimento Cure Primarie presso il Distretto di C. Monti.
Il passaggio dall’Ospedale al Territorio è stata per me una nuova ed impegnativa sfida, in breve tempo ho imparato che essere infermiere sul territorio è fortemente condizionato dal territorio in cui si opera, che richiede capacità decisionali autonome e capacità di collaborazione con le altre figure sanitarie “storicamente” presenti sul territorio, il MMG e l’Assistente Sociale, che spesso non si prende in carico il solo paziente ma tutta la famiglia.
La proposta di coordinare il progetto dell’IFEC è stata l’ opportunità di sperimentare un nuovo modello di assistenza infermieristica sul territorio e una sfida professionale che ho accolto con grande soddisfazione. E ‘ stato necessario un lavoro preliminare di studio,ricerca e confronto con altre realtà, sia Nazionali che Internazionali, per riuscire a delineare l’ambito di intervento di questa nuova figura. L’idea di fondo è stata quella di implementare un modello di assistenza infermieristica che riuscisse a coniugare l’importante aspetto della prevenzione con quello della presa in carico rispetto a problemi che gli anziani del nostro territorio si trovano a dovere affrontare quotidianamente o quasi. La capacità di lettura dei bisogni dell’ infermiere di famiglia deve partire da quelli più pratici ( fare un prelievo, misurare la pressione o la glicemia) fino ad arrivare a interpretare i bisogni “inespressi” dell’utente per intervenire affinchè non insorgano, o insorgano più tardivamente possibile, problemi di salute. Al fine di misurare i risultati ottenuti dopo l’inserimento dell’infermiere sul territorio, parallelamente all’implementazione del progetto si è pensato di sviluppare un progetto di ricerca con questo obiettivo.
La pandemia da COVID dello scorso anno, e che ancora stiamo affrontando, così come la gestione delle patologie croniche (scompenso, diabete, patologie respiratorie) ha reso molto evidente che è necessario rafforzare le cure domiciliari per garantire assistenza a domicilio ed evitare inutili ospedalizzazioni.
In futuro mi auguro che la figura dell’infermiere di famiglia riesca sempre meglio a garantire una assistenza adeguata e di prossimità agli utenti, e diventi punto di riferimento per la promozione di stili di vita sani che contribuiscano a mantenere buoni livelli di salute .