
Riflessioni di Giampiero Lupatelli – Assistenza tecnica CAIRE – su Smart Specialisation Strategy
Mi è sembrato necessario, in queste ore, far sentire la voce dell’Appennino Emiliano anche su tavoli apparentemente lontani dalle nostre più immediate occasioni di discussione e di confronto.
Anche su quello della nuova Smart Specialisation Strategy [S3] che La Regione Emilia Romagna sta predisponendo per accompagnare la programmazione dei Fondi Europei nella stagione 2021-2027.
La strategia S3 è uno strumento sofisticato, i suoi contenuti e il suo linguaggio possono sembrare materia esclusiva degli specialisti, riservati agli “iniziati” alle culture del digitale, lontani dagli interessi diffusi nei territori e dalle esperienza espresse dalla vita quotidiana.
Incontriamo però l’innovazione e le sue pratiche sempre più frequentemente. Le incrociamo sulla nostra strada nella vita di tutti i giorni e non dobbiamo sottovalutare la loro capacità di incidere e modificare la realtà. Ne abbiamo avuto una prova nella pandemia quando le nostre abitudini si sono dovute piegare alle logiche delle comunicazioni digitali, nell’apprendere, nel lavorare, nel fare acquisti, nel consumare servizi culturali e di intrattenimento.
In questa nuova realtà che ci costringe a fare i conti con le tecnologie digitali assai più di quanto ci saremmo immaginati, partecipare al confronto su questi temi non è un lusso o un capriccio intellettualistico, ma l’esercizio necessario di una attenzione nei confronti di un futuro prossimo che sta prendendo forma.
E non lo è partecipare al percorso di consultazione allargata a stakeholder e società civile che la Regione ha avviato sulla Strategia, rivolgendolo in particolare alla “community degli innovatori”
Dal punto di vista della Montagna e delle Aree Interne dobbiamo occuparci e preoccuparci del Documento elaborato dalla Regione Emilia Romagna a supporto del percorso di consultazione allargata perché nella sua articolazione, pure anch’essa innovativa, non c’è ancora adeguata attenzione a questi nostri territori.
Dei quindici Ambiti tematici prioritari cross settoriali nei quali la Strategia articola il proprio dispiegarsi il territorio compare al n. 10, proponendo una riflessione sui temi della “città e comunità del futuro”. Mi è parso necessario intervenire su questo tema sviluppando alcune considerazioni a partire dal punto di vista delle Aree Interne della regione.
Le Aree Interne sono oggi coinvolte in una articolata azione di programmazione, di respiro nazionale e con una focalizzazione regionale, rappresentata dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI); azione che ha già messo in relazione queste aree – e ancor più lo farà in un prossimo futuro – con la programmazione europea attraverso la quale si esprimono gli obiettivi.
Il Documento della Regione ci ricorda che “entro il 2030 i 2/3 della popolazione mondiale vivrà in città, contribuendo così alla diffusione di un modello sociale prettamente urbano”. Una affermazione tanto generale da risultare decontestualizzata, in una realtà, europea ed italiana, che ha già conosciuto nella seconda metà del XX secolo processi di inurbamento difficilmente incrementabili.
Piuttosto, la pandemia da Covid 19 ci ha proposto l’evidenza di una sistematica riconsiderazione di stili di vita urbani che ci sembravano ormai scontati. Cosa che ci suggerisce più cautela nel valutare i processi di metropolizzazione, non solo per discuterne la desiderabilità ma anche per prendere in considerazione la stessa probabilità che i trend passati possano conoscere rapide inversioni, come ci suggerirebbe l’ampia pubblicistica su un “ritorno ai borghi minori” che ha riempito nell’estate le pagine dei giornali.
Nel mio intervento sulla piattaforma della Strategia ho illustrato una visione delle Aree Interne e Montane e dei piccoli comuni che li intende non già come una zavorra che appesantisce e ritarda i processi innovativi, quanto piuttosto come la frontiera di un diverso e più inclusivo processo di sviluppo.
Se ne possono dedurre indicazioni dirette e significative proprio sul fronte delle politiche per il capitale umano e l’innovazione. Indicazioni che trovano peraltro già riscontro negli atti di programmazione dell’Area Pilota SNAI dell’Appennino Emiliano.
Nelle conclusioni del mio interveto ho anche proposto esplicitamente una integrazione del Documento chiedendo di inserire un nuovo punto tra le esemplificazioni che descrivono le politiche a sostegno della innovazione che più direttamente hanno a che fare con il territorio. Un punto che prospetta tra i temi meritevoli di attenzione e di sperimentazione di nuove tecnologie e di nuovi strumenti digitali, quelli che esprimono le esigenze tipiche dei territori dal popolamento più rarefatto e distribuito.
Questa è la formulazione che ho proposto: “Gestione dei servizi di comunità in aree a bassa densità insediativa: telemedicina, telesoccorso, trasporto a chiamata, gestione delle prenotazioni, supporto all’insediamento di attività e funzioni.”
Leggere i commenti e le considerazioni che ho ricevuto dopo aver inserito questo mio documento nella piattaforma, mi fa pensare che queste attenzioni ai territori che meno sembrerebbero contare quando si parla degli interventi “alla frontiera tecnologica” potrebbero trovare qualche ascolto.