
Anna Evangelisti, dopo una prima laurea in Architettura, si è laureata in aprile
2020, seguita dalla professoressa Patrizia Gabellini, in “Urban Planning and
Policy Design” al Politecnico di Milano; ora, come dottoranda, sempre al
Politecnico di Milano, si occupa della dimensione educativa dello spazio
pubblico, in territori più o meno urbanizzati.
In occasione dell’incontro del 14 novembre, per la cui partecipazione
ringrazio ancora tanto, ho ripercorso il mio lavoro di tesi ponendo l’accento
su alcuni elementi per me significativi, a partire dal suo stesso titolo:
“Presidiare territori fragili: giovani risorse per terre rugose”, partendo quindi
dall’importanza di mettere bene in evidenzia le relazioni, strutturali e
necessarie, tra giovane e antico, tra novità e tradizione, tra presenza attiva e
presenza “stanca”, che caratterizzano queste terre rugose, citando Fabrizio
Barca, che ne parla principalmente in termini geomorfologici.
L’attivazione di nuove risorse (sociali) può favorire la resilienza di aree fragili
in relazione ai grandi cambiamenti ambientali, sociali ed economici del
nostro tempo, in particolare i giovani costituiscono nuove forme, preziose
sotto diversi punti di vista, di presidio.
Nell’attuale momento storico, forse oggi con la situazione di emergenza
sanitaria ancora più di ieri, le fragilità, il rischio, la vulnerabilità di questi
territori sembrano prevalere sulle occasioni che invece si potrebbero
cogliere. Il progressivo spopolamento che questi territori stanno vivendo ci
mostra che non si è più, negli ultimi tempi, desiderato abitare la montagna,
nonostante le condizioni ambientali delle parti urbanizzate del Paese siano
incomparabilmente peggiori, ed oggi ancora l’emergenza lo ha enfatizzato in
molti casi.
La catalogazione di esperienze recenti di reinsediamento nel territorio
montano italiano, dalle Alpi agli Appennini, mostra un ampio spettro di
esperienze, sì diverse tra loro, ma tutte ugualmente rivolte a rendere di nuovo
vivo e vitale il territorio. Le giovani risorse, con le proprie competenze ed
energie, diventano fondamentale riferimento per le comunità locali: nel
momento infatti in cui si inseriscono in un luogo portano con sé la propria
realtà e i propri desideri, ma necessariamente si confrontano e si mettono in
stretta relazione con ciò che esiste, offrendo occasioni di ripensamento e d
innovazione.
Questo interesse, forse potremmo dire rinnovato interesse, per un contesto
differente nel quale maturare e creare lavoro e famiglia, oggi visibile in alcune
sporadiche esperienze di attivazione territoriale, va, dove possibile, reso
prassi attraverso politiche e progetti che sappiano coinvolgere chi è già
presente sul territorio e chi vi arriva.
Le esperienze del catalogo, presente all’interno del lavoro di tesi, sono state
selezionate all’interno di una più vasta raccolta di casi, con l’intento di
considerarne alcune più significative per il mio progetto di tesi ma di
considerare assolutamente la rassegna non esaustiva ed anzi sopratutto
aperta a continue integrazioni, che ora in un secondo momento continuo ad
inserire e ad esplorare, fisicamente nei limiti delle restrizioni del momento
storico, ma anche molto virtualmente, come abbiamo scoperto essere
possibile.
L’osservazione e la catalogazione di esperienze di attivazione su territori di
montagna da parte di giovani attori ci è utile per capire quali pratiche
possono essere riproponibili in altri contesti, diventando oggetto di una, o
più, politiche insediative, senza cadere in deboli generalizzazioni ma
cogliendo tendenze in atto che possono essere spunto per nuove
progettualità, resoconto di un panorama attivo e interessato, e tenendo
sempre in considerazione le specificità di ciascun territorio, come è stato
fatto in questa tesi.
Tenendo come riferimento le esperienze osservate e restituite, e
“ambientandole” nelle politiche di coesione sociale e territoriale odierne,
sono stati costruiti alcuni indirizzi progettuali per il coinvolgimento e
l’attivazione (la ri-attivazione), e quindi la costruzione, di nuovi spazi per la
comunità di medio-alta montagna, in particolare ho preso come riferimento il
territorio di crinale (da Ligonchio verso il confine con la Liguria)
maggiormente fragile perché maggiormente distante dal polo multi-servizio
di Castelnovo ne’ Monti.
Per concludere questo excursus, due parole riguardanti la parte più
progettuale della tesi: con lo sviluppo di un progetto per l’insediamento di un
sistema di “community hub” come luogo di innovazione sociale e di
creazione di nuovo lavoro, per una fascia d’età giovane, ho voluto sondare
l’applicabilità di un dispositivo nato per la rigenerazione di aree urbane fragili
al territorio montano, nella consapevolezza che tutto il territorio, quello
urbano come quello rurale, possa ri-pensarsi e ri-ciclarsi per rispondere alle
grandi sfide del cambiamento che stiamo vivendo.
L’idea progettuale, che prende spunto anche dall’esperienze di cooperazione
propria di questo territorio, si sviluppa attorno al concetto di “Officine di
comunità”: ad obiettivi realizzati, una rete di centri, oggi abitati da piccole
comunità, dovrebbe essersi ri-generata, e ri-costituita, a partire proprio dalla
costruzione delle sue “officine”, i suoi luoghi del fare, opus facere.
Le Officine non sarebbero solo spazi concreti, ma sopratutto processi che
interessano, principalmente ma non solo, i giovani (nella e della comunità)
che con il concorso di idee e competenze, scelgono di essere presidio per il
territorio di montagna investendo sulle realtà presenti, in questa aree interna
in modo particolare ricca di reti e di attività, molto preziose.
Come ho concluso durante la giornata di studi di novembre, mi piace
riportare una breve poesia di Franco Arminio che ben esprime la necessità di
mescolare il nuovo che arriva e il presente che rimane, o meglio resiste.
“Bisogna arieggiare i paesi portando gente nuova,
il paese deve essere intreccio di indigeni e forestieri.
Bisogna agitare le acque, ci vuole una comunità ruscello
più che una comunità pozzanghera.”
Mi auguro, ci auguro più comunità ruscello.