
Sono Antonio Manari, ho passato una vita in Ospedale come Cardiologo, a partire dal 1983 sino al dicembre 2016.
Dal 2007 in poi ho diretto il reparto di Cardiologia Interventistica del S. Maria Nuova a cui ho chiesto di aggregare anche la Riabilitazione dell’Ospedale S. Anna di Castelnovo Monti. E’ stato un lavoro molto coinvolgente che ho potuto fare solo con la comprensione della mia famiglia: ho conosciuto mia moglie al primo anno di università (è medico anche lei) ed abbiamo tre figli e un nipote. Da giovane ho praticato sport (pallacanestro) e sono rimasto legato a quel mondo per molti anni, anche come appassionato e consulente medico della Pallacanestro Raggiana negli anni dei mitici Bob Morse, Dado Lombardi, Pino Brumatti e dei primi americani di colore a Reggio.
Attualmente ricopro la carica di Sindaco di Ventasso, consigliere provinciale di Reggio Emilia e presidente dell’Unione Montana. Ricordo a questo proposito che come giunta dell’Unione abbiamo stabilito, a partire del 2020, di ricoprire questa carica a rotazione annuale. Il primo giro è toccato a me.
Perchè hai deciso di candidarti a sindaco?
Mi viene in mente il titolo di un libro sull’evoluzione delle specie viventi del pianeta: “Il caso e la necessità”. Per me ha coinciso il pensionamento dall’Ospedale, quando prevedevo di passare molta parte dell’anno nel mio paese, e la volontà di provare a risolvere almeno alcuni problemi della nostra montagna con occhi e l’esperienza di chi, pur avendo le proprie radici in Appennino, è venuto a contatto con mondi esterni e diversi. Da qui l’idea di dare un contributo attivo. La sfida è molto importante e non nascondo che prima di cominciare non ne avevo chiara la effettiva portata. La curva demografica dal dopoguerra ad oggi è in costante discesa per cui il principale impegno credo sia quello di bloccarne l’andamento negativo, se non di invertirlo. Il dramma che stiamo vivendo, unitamente al cambiamento climatico e la ricerca di maggiore sicurezza sociale, hanno aumentato grandemente l’attenzione alla montagna come luogo di vita. I primi segnali ci sono stati già l’estate scorsa: flusso turistico imponente, acquisto di case nei vari borghi, in un mercato immobiliare congelato da anni, arrivo di nuove famiglie di giovani che hanno deciso di provare una nuova esperienza di vita. Il nostro Appennino offre sicuramente qualità e capacità attrattive: dallo stile di vita nelle piccole comunità, dove la solidarietà non è solo una parola astratta, all’ambiente, al clima, ai servizi che possono essere messi a disposizione anche di piccole comunità (scuola, sanità, servizi sociali).
Hai partecipato alla stesura della strategia attuale?
No. Sono entrato in carica a progetto concluso e ho assistito alla partenza delle prime azioni. Ora è essenziale imprimere una accelerazione soprattutto per quelle iniziative che non sono ancora partite (un esempio sono le Cooperative di Comunità). In questo senso, sia io, nell’attuale posizione di Presiedente dell’Unione, che Enrico Bini come delegato al progetto, ci stiamo attivando, anche in sede regionale, per completare le ultime azioni per rendere operative tutte le progettualità.
Quali benefici credi possa portare la strategia aree interne nel territorio dell’Unione?
Il progetto, non lo scopro certamente io, è di vitale importanza per territori come il nostro. Credo che l’intuizione di Fabrizio Barca che poi ha saputo coinvolgere tutto il mondo politico, sia stata fondamentale. Gli amministratori di questo territorio, con il contributo del Parco Nazionale, hanno poi saputo coinvolgere le migliori intelligenze, del mondo della scuola, della imprenditoria e della cooperazione nella stesura di schede progetto di valore, che hanno permesso l’assegnazione delle risorse economiche. Ora mi aspetto di vederne la ricaduta sul territorio.
Un aspetto che forse dovremo espandere nei progetti dei prossimi anni è quello del turismo, che dovrà essere di qualità e che non distrugga il nostro patrimonio culturale e di tradizioni o il nostro bellissimo ambiente. Detto in sintesi: mantenga integre le nostre comunità d’Appennino pur nello sviluppo di questa importante voce di bilancio della nostra area.
Come ho detto prima, vedo segnali positivi per la nostra montagna, pur in questo anno di grande sofferenza. Occorre tuttavia un ulteriore sforzo attraverso un piano straordinario che concretizzi da un lato un nuovo impulso al mercato del lavoro in Appennino e dall’altro permetta il mantenimento dei servizi alla popolazione, che sono presenti e di qualità. In questa ottica il Progetto Aree Interne con tutti gli attori pubblici e gli imprenditori privati che vi partecipano non potrà che portare nuove idee, risorse ed entusiasmo ed essere anche un elemento di attrattività per ripopolare e ringiovanire i nostri borghi.